Demenze

La demenza è tra le malattie di più frequente riscontro nella popolazione anziana. Le forme neurodegenerative, cioè la malattia di Alzheimer e la demenza a corpi di Lewy, rappresentano il 60% di tutte le forme di demenza. La restante parte essenzialmente è da attribuire alla forma vascolare, che fa seguito ad ictus ripetuti. Alla base della malattia di Alzheimer e delle sue varianti vi è un processo degenerativo cerebrale cronico che provoca la progressiva perdita delle funzioni cognitive e dell’autonomia funzionale. La frequente comparsa di disturbi comportamentali nel corso della sua evoluzione rende la gestione del malato particolarmente complessa. Pur in assenza di terapie farmacologiche efficaci in grado di contrastare il processo degenerativo e di modificare la storia clinica della malattia, è importante giungere ad una diagnosi precoce al fine di una presa in carico tempestiva per far fronte alle gravi conseguenze per la salute derivanti da carente o inappropriato intervento di presa in cura del paziente con diagnosi tardiva di demenza.

Criteri diagnostici e nuovo lessico

Il concetto clinico di demenza, in particolare della Malattia di Alzheimer, ha subito una sostanziale evoluzione rispetto alla proposta dei primi tentativi di formulazione di criteri diagnostici. Sono più chiare alcune tipologie di demenze che all’epoca della formulazione dei primi criteri erano poco caratterizzate e per la disponibilità attuale di nuovi marker e indagini di neuroimaging, che hanno migliorato l’accuratezza diagnostica in questi anni.

L’American Accademy of Neurology consiglia di far riferimento per la definizione diagnostica ai criteri riportati nel DSM V e per i criteri diagnostici sia al DSM V che ai criteri del NIA-AA del 2011. Per quanto riguarda invece i criteri dell’IWG-2 del 2015, il gruppo congiunto italiano SINDEM e AIP ne sconsiglia l’utilizzo in quanto ad oggi non sono standardizzate le metodiche di indagine dei nuovi biomarker e questi non sempre sono disponibili in tutte le aree geografiche. Tuttavia, sono da tenere in considerazione i nuovi concetti riportati in questi criteri di forme di Alzheimer ad esordio atipico (variante posteriore, variante comportamentale, ecc.) e le forme di deterioramento non Alzheimer.

DSM-V

Relativamente alla diagnosi clinica e ai vari sottotipi vi è accordo unanime di far riferimento a quanto riportato nel DSM V che tra l’altro al termine Demenza affianca quello di Deterioramento Neurocognitivo. Il primo ancora da utilizzare allorquando il deterioramento cognitivo è la malattia principale o se interessa una popolazione anziana o se la malattia è in fase avanzata. Il secondo termine, che è più innovativo, dovrebbe essere utilizzato invece nei casi ad esordio più precoce e in quelle patologie dove il deterioramento è uno degli aspetti più importanti ma non il solo. L’altra innovazione ormai entrata nella pratica quotidiana e recepita dal DSM V è quella relativa alle forme lievi di Deterioramento Neurocognitivo che di fatto corrisponde al Mild Cognitive Impairment (MCI) di Peterson del 1999.

Inoltre, i precedenti criteri per la demenza utilizzavano quella di tipo Alzheimer come prototipo e richiedevano quindi come criterio specifico per qualunque tipo di demenza la compromissione della memoria. Tuttavia, nel corso degli anni si è sviluppata la crescente consapevolezza che esistono disturbi neurocognitivi (demenza dovuta a malattia da HIV, demenza dovuta a trauma cranico, demenza vascolare, degenerazione fronto-temporale ecc.) in cui i domini principalmente o esclusivamente compromessi sono quelli del linguaggio e delle funzioni esecutive. Perciò si è stabilito che la compromissione della memoria non sia più un criterio necessario per la diagnosi di questi disturbi, bensì che ricada tra i domini di cui il paziente può (o non può) manifestare compromissione. La nuova definizione si focalizza maggiormente sulla performance del paziente rispetto alla sua disabilità.

DSM-V

Disturbo Neurocognitivo maggiore

Criteri diagnostici

A. Evidenza di un significativo declino cognitivo da un precedente livello di prestazioni in uno o più domini cognitivi (attenzione complessa, funzione esecutiva, apprendimento e memoria, linguaggio, funzione percettivo-motoria o cognizione sociale) basato su:

  1.  Preoccupazione dell’individuo, di un informatore attendibile o del clinico che vi è stato un significativo declino delle funzioni cognitive;
  2. Un considerevole deterioramento delle prestazioni cognitive, preferibilmente documentata da test neuropsicologici standardizzati oppure, in mancanza, da un’altra valutazione clinica con determinazione quantitativa;

B. I deficit cognitivi interferiscono con l’indipendenza nelle attività quotidiane (per es., come minimo, necessitano di assistenza nelle attività strumentali complesse della vita quotidiana, come pagare le bollette o gestire i farmaci).

C. I deficit cognitivi non si verificano esclusivamente nel contesto di un delirium.

D. I deficit cognitivi non sono meglio spiegati da un altro disturbo mentale (per es., disturbo depressivo maggiore, schizofrenia).



Disturbi Neurocognitivi minori

Criteri diagnostici

A. Evidenza di un modesto declino cognitivo da un precedente livello di prestazioni in uno o più domini cognitivi (attenzione complessa, funzione esecutiva, apprendimento e memoria, linguaggio, funzione percettivo-motoria o cognizione sociale) basato su:

  1. Preoccupazione dell’individuo, di un informatore attendibile o del clinico che vi è stato un lieve declino delle funzioni cognitive;
  2. Una modesta compromissione della performance cognitiva, preferibilmente documentata da testneuropsicologici standardizzati o, in loro assenza, da un’altra valutazione clinica quantificata.

B. I deficit cognitivi non interferiscono con l’indipendenza nelle attività quotidiane (per es., attivitàstrumentali complesse della vita quotidiana, come pagare le bollette o gestire i farmaci, sonoconservate, ma richiedono uno sforzo maggiore, strategie compensatorie o adattamento).

C. I deficit cognitivi non si verificano esclusivamente nel contesto di un delirium.

D. I deficit cognitivi non sono meglio spiegati da un altro disturbo mentale (per es., disturbo depressivo maggiore, schizofrenia).

Disturbi Neurocognitivi minori

Questi disturbi sono stati aggiunti nel DSM V per riconoscere le necessità cliniche di quei pazienti che hanno un lieve deterioramento cognitivo in uno o più degli stessi domini dei disturbi neurocognitivi maggiori, ma che hanno conservato un funzionamento autonomo e l’ indipendenza nello svolgimento delle attività quotidiane. Queste sindromi, ampiamente diffuse e riscontrate nella pratica clinica, sono particolarmente critiche in quanto, se riconosciute e individuate in tempo, rappresentano il terreno fertile per l’intervento dei clinici. Esempi di questo tipo di disturbi sono le demenze dovute a condizioni mediche generali, a traumi cranici, all’HIV, all’uso di sostanze, al diabete, ma anche i primi stadi di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. Il gruppo di lavoro ha specificato che la scelta del termine “minori” non è relativa ad un giudizio di importanza clinica di questi disturbi, ma è stato scelto per la sua opposizione al termine “maggiori”; tuttavia si sta ancora discutendo la possibilità di variare la dizione in “disturbi neurocognitivi lievi”. L’assessment di questa tipologia di disturbi è più complesso e delicato, poiché non esistono o sono difficilmente disponibili rdescrizioni sul lieve danneggiamento cognitivo e le osservazioni cliniche sono meno informative; inoltre una variabile di fondamentale importanza qui diviene il livello di funzionamento premorboso.

Sottotipi di Disturbi Neurocognitivi

Nella precedente versione del DSM i criteri diagnostici furono sviluppati prendendo come riferimento la Malattia di Alzheimer e quindi essenzialmente basati sul deficit mnesico. Nella versione attuale, grazie all’acquisizione che anche altri domini cognitivi possono essere interessati, all’esordio o in modo prevalente, a seconda dell’area interessata si è giunti alla conclusione di cercare di individuare una possibile eziologia.

Pertanto, la diagnosi del Disturbo Neurocognitivo, sia maggiore che lieve, dovrebbe essere seguita dalla ricerca di possibili cause in modo da poter assegnare uno dei seguenti sottotipi:

  • Malattia di Alzheimer (MA)
  • Degenerazione fronto-temporale
  • Malattia a corpi di Lewy
  • Malattia vascolare
  • Trauma cranico
  • Uso di sostanze/farmaci
  • Infezione da HIV
  • Malattie da prioni
  • Mallattia di Parkinson
  • Malattia di Huntington
  • Altra condizione medica
  • Eziologie molteplici
  • Non specificato