In tempi di pandemia CoViD 19 i contatti interpersonali non sono avvantaggiati, questo è vero anche in ambito sanitario e in particolare nell’espletamento delle visite mediche.
Certamente la telemedicina rappresenta un’opportunità, soprattutto in ambito pubblico, che consente al medico la possibilità di monitorare a distanza i parametri vitali come la saturazione di ossigeno, la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa, il respiro o altri parametri come la glicemia, la temperatura corporea, la diuresi, a patto che dall’altra parte ci sia un paziente o un care-giver consapevole e informato o la passibilità di un operatore sanitario che si reca a domicilio regolarmente, quale per es. un infermiere di comunità, e fondamentale il medico di famiglia collegato online. In questo senso, nelle realtà dove è stata attuata, si è rivelata molto utile nel gestire patologie croniche come l’insufficienza respiratoria, lo scompenso cardiaco, il diabete, il monitoraggio della terapia anticoagulante orale e altre patologie invalidanti.
Il vantaggio è di evitare spostamenti inutili in persone con problematiche motorie o che vivono in luoghi isolati o poco accessibili. La pandemia da CoViD 19, con la necessità di isolamento o e il rischio di contagio, ha accelerato l’utilizzo della telemedicina e si è perfezionata. Numerosi portali su internet offrono visite o teleconsulti online e in questi mesi si è assistito ad un notevole incremento di tale strumento. Nel corso della prima ondata pandemica ho offerto a numerosi miei pazienti la possibilità di avere consigli per telefono e ad alcuni prescrizioni farmaceutiche mediante Whatsapp. Molte persone, durante il lockdown, anche se in presenza di sintomi seri e importanti, per paura di contagio o per la difficoltà di accesso agli ambulatori ospedalieri per la chiusura di molti servizi medici o diagnostici, sono rimaste a casa e non si sono potute curare. Gli accessi ai Pronto Soccorso e il tasso di ospedalizzazione per Ictus Cerebrale e Infarto Miocardico si sono pressoché dimezzati. Per non parlare poi dei follow-up e degli interventi chirurgici dei pazienti oncologici letteralmente azzerati.
Non credo che ad oggi la situazione sia cambiata o perlomeno si spera che possa cambiare. La giustificazione è la mancanza di medici. In un paese che è ai primi posti al mondo per solidarietà e volontariato ha la fortuna di avere a disposizione tanti medici in pensione che sono ancora attivi e validi. Certamente è impensabile utilizzare questi professionisti in reparti CoViD o in Rianimazione, ma sicuramente, in ospedali in rete e dotati della basale tecnologia informatica già disponibile, potrebbero in qualche modo dare una mano importante ad evitare quello che è successo agli inizi dell’anno. Molti, i più pignoli e ossessivi, tirano in ballo ad ogni occasione il problema della privacy o della questione legale. Di fronte alla gravità della malattia non c’è privacy o legalità che tengano, viene prima, evidentemente lo stato di necessità.