La Sindrome del Tunnel Carpale.

Sintomi. La sindrome del tunnel carpale è un disturbo molto frequente, soprattutto nel sesso femminile.  Si tratta di una compressione del nervo mediano a livello del passaggio di questo nervo al polso. Il nervo mediano è un nervo misto, nel senso che le sue fibre innervano sia alcuni muscoli della mano, muscolo opponente, che la cute delle prime tre dita e del palmo della mano, come illustrato nella figura 1. Le cause di questo disturbo sono molteplici ma esse possono essere ricondotte essenzialmente ad un canale ristretto su base congenita e ad una ipertrofia del legamento trasverso che copre il canale, causata da ripetuti movimenti nel tempo di flesso-estensione e di rotazione del polso.  Alcune condizioni come la gravidanza  e una ridotta funzionalità della tiroide, comportando una ritenzione di liquidi a livello  del canale,  possono causare la compressione del nervo e determinare la comparsa dei sintomi. Questi consistono all’inizio in dolori e formicolii nel territorio di innervazione del nervo mediano e in particolare al palmo della mano e alle prime 3-4 dita. Classicamente il dolore si manifesta di notte e si attenua con lo scuotimento della mano. Nel corso dei mesi, persistendo le cause compressive, oltre al dolore compare anche un’ipotrofia dei muscoli dell’eminenza tenare e in particolare del muscolo opponente , così detto in quanto consente l’opposizione delle dita al pollice.

 

Allegato n.1
Allegato n.2

Diagnosi. La diagnosi clinica in presenza di questi sintomi è relativamente agevole. Inoltre la percussione col martelletto al polso può determinare la comparsa di una scarica nervosa che si irradia fino alle dita (segno di Tinel).  Un altro test clinico importante è quello di Phalen che si esegue facendo mettere le mani del paziente una contro l’altra e spingendo in modo da ottenere la massima flessione del polso.  Anche l’ecografia ha un ruolo molto importante.

Ma l’esame diagnostico più accurato è l’elettromiografia (Fig.2). Registrando la risposta sul muscolo opponente dopo aver applicato uno stimolo sul nervo al polso e al gomito,  in caso di sofferenza del nervo al polso si registra un ritardo di conduzione dello stimolo che, nei casi più gravi, può anche mancare in quanto il potenziale muscolare non è più registrabile a causa dell’atrofia che nel frattempo è subentrata (Fig.3). In questi casi può essere coinvolta anche la componente sensitiva. Invece i parametri sono normali a carico degli altri nervi della mano e in particolare del nervo ulnare.  In presenza di un sospetto clinico di tunnel carpale atipico è importante escludere anche altre patologie che possono manifestarsi con sintomi simili, come nel caso di un’ernia discale cervicale, che comprime le radici nervose del plesso brachiale.  In questo caso però il dolore è spesso a partenza cervicale con irradiazione alla mano.

Allegato n.3
Allegato n.4

Terapia. Se la diagnosi è effettuata precocemente, probabilmente un approccio non chirurgico può migliorare la progressione della sindrome del tunnel carpale ed evitare l’intervento chirurgico. La terapia consiste, dopo aver escluso e trattato le cause secondari, intanto nel ridurre quanto più possibile i movimenti forzati di flesso-estensione e rotazione della mano, e contestualmente nell’uso di un tutore da applicare al polso soprattutto di notte.  Al fine di ridurre il dolore si utilizzano sia farmaci antidolorifici che farmaci che aumentano la soglia di eccitazione del nervo. Tra questi quello più utilizzato è il pregabalin a bassi dosaggi, considerati i numerosi effetti collaterali e la scarsa tollerabilità in alcune persone. Naturalmente entrambi i farmaci sono sintomatici, cioè riducono i sintomi ma non risolvono il problema.  Contrastanti sono i pareri sull’uso dei cortisonici per via infiltrativa allo scopo di ridurre l’edema che causa la compressione.  Nei casi in cui il disturbo persiste e in presenza di un coinvolgimento importante del nervo è necessario affidarsi ad uno specialista ortopedico esperto in chirurgia della mano. La terapia chirurgica (Fig.4) consiste nel liberare il nervo dal legamento e questo può essere eseguito sia con l’approccio chirurgico classico a cielo aperto o per via endoscopica.  In questo caso possono essere usati anche gli ultrasuoni invece che il telescopio. Sicuramente la microchirurgia riduce i tempi di recupero.

 

Dr. Giuseppe D’Alessandro – Neurologo-Neurofisiologo- Titolare Neurocenter VdA